LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



venerdì 9 giugno 2017

GLI OCCHI DEL MELO

GLI OCCHI DEL MELO


Le ruote della bici girano sotto il caldo di agosto battendo la stradina di campagna.
Il sole picchia impietoso e il giovane uomo col cappello di paglia pedala allegramente, anche se sudato e affaticato.
Pedala senza meta nella polvere dello sterrato.
La ragazza nella sua vestina azzurra s’aggira scalza per la cucina fresca d’ombra, facendo tintinnare i campanellini della cavigliera che le adorna il collo del piede;  i muri crepati, umidi e odorosi d’intonaco vecchio le fanno da cornice.
Indaffarata rompe uova di gallina appena raccolte  e mescola zucchero e farina in una terrina.
Danza attorno al tavolo accennando passi di ballo ispirata dall’allegra musica della radiolina a pile che trasmette canzonette.
Distrattamente butta l’occhio nel cesto della frutta: una sola mela. Non potrà mai bastare per la sua torta.
Con le mani lucide di burro e profumate di vaniglia e cannella, rigira il frutto rosso acceso e lo ammira.
La buccia è lucente e la forma è perfetta, addenta la mela senza pensarci due volte.
E’ sugosa e dolcissima e un rivolo di succo zuccherino le cola sul mento.
Se lo asciuga col dorso della mano, distrattamente, e continua con piccoli morsi voraci a mangiarla.
Si scosta una ciocca di capelli neri dalla fronte e rimira il torsolo della mela che soppesa con un’ espressione assorta.
Non sarebbe comunque stata sufficiente, dovrà andare nel frutteto ed arrampicarsi sul ramo del melo per prendere altri frutti così da poter procedere con la preparazione della torta.
Esce nella canicola senza curarsi di mettere le scarpe ai piedi, la campagna è la sua casa, non ha di certo remore a sporcarsi  di erba e di terra.
Il caldo rovente del primo pomeriggio la investe, quasi subito minuscole goccioline di sudore le imperlano la fronte e il collo, il vestitino dai bottoncini slacciati  le si incolla al petto.
Fischiettando,  il ragazzo in bici percorre la strada senza meta e senza pensieri, lasciando vagare lo sguardo oltre i campi di grano, verso la remota casa di campagna che si profila all’orizzonte.
La canna da pesca è legata al portapacchi, inutilizzata.
Non ha avuto voglia d’arrivare fino al fiume per pescare. 
Forse al bar in piazza avrebbe trovato qualcuno per giocare una partita a carte e bere un bicchier di vino.
Il melo nel frutteto allarga la sua chioma verde brillante e distende i suoi rami appesantiti e carichi di frutti.
Alcuni sono ancora indietro, altri sono già pronti per essere colti.
Agilmente la ragazza si arrampica sull’albero abbracciandolo affettuosamente e appoggiando i piedi ai piccoli rigonfiamenti nodosi della corteccia. Per un attimo perde la presa e per non cadere si graffia un ginocchio sul tronco.
Arriva con fatica e ansimante a sedersi sul ramo più basso e più grosso. 
S’asciuga la fronte con un fazzolettino bianco che tira fuori da un taschina sul petto.
Si sistema più comoda lasciando penzolare le gambe nell’aria afosa del pomeriggio. L’uomo in bici da lontano scorge la giovinetta  intenta nelle sue manovre d’arrampicatrice e incuriosito s’appresta ad avvicinarsi di più spostandosi sul ciglio della strada per non farsi notare.
Non sarebbe affatto simpatico  farsi cogliere nell’atto di sbirciare giovani donne ignare, non foss’altro che per scacciare la noia d’un lento pomeriggio d’agosto.
La ragazza sta cogliendo le mele più mature e profumate e le sta mettendo nelle ampie tasche del vestito che con il peso dei frutti si fa sempre più scollato rivelando il solco tra i piccoli seni sodi e perfetti.
Ora la può vedere più che bene, ma non è ancora soddisfatto d’aver colto quella visione.
Getta la bici a terra e quatto quatto s’avvicina al frutteto camminando rasente al muretto di pietra per non farsi vedere.
Ormai è vicinissimo, forse a poco più d’un metro dal melo e riesce a scorgere il baluginio della cavigliera della ragazza, riesce perfino a vedere lo smalto rosa un po’ sbeccato sulle unghie dei suoi graziosi piedi sporchi di terra.
Si sente un ladro a rubare quelle immagini ma non può farne a meno, è incantato e la vergogna per quello che sta facendo lo fa sentire ancora più eccitato. Sente l’adrenalina scorrergli sotto pelle e renderlo audace. La sua testa fa capolino da dietro il muretto. I suoi occhi avidi e indiscreti si concentrano sui particolari. La ragazza con le tasche piene di mele ha un ginocchio sbucciato, ma non se ne cura. Riesce a vedere le macchie  di azzurro cielo più scure dove il sudore le inzuppa il vestitino senza maniche. Può vedere persino il sudore sopra al labbro superiore e godere della forma stupenda di quella bella bocca semichiusa, intenta a respirare l’afa.
Riesce quasi a sentire l’odore della sua pelle dorata dal sole.
E’ talmente rapito da quello che vede che quasi non si rende conto della prepotente erezione che gli gonfia i calzoni di tela.
Non s’accorge che sta ondeggiando il bacino quasi a simulare un amplesso con quella strabiliante visione d’azzurro e di pelle sudata.
Gli muore il cuore in gola  quando la ragazza comincia la discesa dall’albero e un lembo dell’abito le sì’impiglia in un ramo sollevandole la gonna e mostrando scorci di cosce perfette e  le piene mezze lune del didietro  vestite solo d’un minuscolo paio di mutandine rosa chiaro.
Ha l’impressione che gli si sia acuita la vista, che abbia acquistato un super potere tanto da rimanere stupito di riuscire a vedere i minuscoli fiorellini rossi stampati sugli slip che nella discesa le si sono infilati tra le natiche.
Ora è ben conscio dell’urgenza che gli pesa tra le gambe e che tira prepotente.
Si strofina l’uccello con una mano infilata nella tasca dei calzoni. Si spaventa per un attimo quando la vede far svolazzare lo sguardo nella sua direzione e ritira la testa dietro il muretto, quasi fosse una tartaruga.
La ragazza ha l’impressione di non essere sola, si sente osservata ma in giro non vede nessuno, solo qualche uccellino svogliato e una colonna di formiche che operosamente marciando tra la terra e i sassi del frutteto. Si tranquillizza, e soddisfatta del suo bottino decide di rilassarsi un pochino a godersi la frescura dell’ombra del grande melo, sedendosi a terra con la schiena appoggiata al suo solido tronco.
Leva le mele dalle tascone dell’abito e le posa in un cestino di vimini.
Il ragazzo ritrova il coraggio di sporgere la testa per mangiare di nuovo la visione della ragazza , affamato d’altri scorci di estasi. Intanto dentro di lui continua la lotta tra la vergogna e la voglia, tra il pudore e la perversione.
La spia ora, mentre lei s’allunga mollemente con le ginocchia appena dischiuse a mostrare un triangolino di stoffa rosa tra le gambe mentre rilassata e serena, segue il volo d’un ape che le ronza pigra intorno alla testa. Fantastica immaginando che l’insetto sia attratto dal profumo dei capelli della fanciulla che pensandoli profumati di miele o di mandorle.
La ragazza apre gli occhi all’improvviso, lui ha timore d’essersi fatto scoprire, sente profonde  spine di paura trafiggergli la nuca, le braccia cominciano a formicolargli e s’immobilizza come fosse di pietra, senza neppure respirare.
Non vuole che finisca questo momento magico, davvero non può finire così, con l’umiliazione e la vergogna di farsi scoprire e senza più la possibilità di godersi quello spettacolo.
Rimane invece a bocca aperta quando la vede guardarsi intorno con circospezione, alzarsi  lentamente e girare intorno all’albero, nascondersi un poco alla visuale ma non del tutto.
Gli mostra il fianco.
Vede poi che si solleva la vestina e si cala le mutandine per poi accosciarsi sui talloni. Scorge il ginocchio sbucciato e l’elastico degli slip che si tende sulle caviglie e non può credere ai suoi occhi.
Un rivolo si forma tra le gambe di lei e corre in discesa verso di lui, quasi a volerlo raggiungere, quasi ci fosse davvero una via di comunicazione tra loro nonostante lei sia ignara della sua presenza.
L’urina arriva fino al suo nascondiglio dietro il muretto e lui la guarda stupefatto, facendo danzare gli occhi un po’ sulla ragazza e un po’ su quella magica scia liquida.
Non riesce a contenersi, sente prepotente l’orgasmo inzuppargli i calzoni e trattiene a stento un lamento dolente che resta muto  e inchiodato, incatenato dentro il suo petto. 
Torna a nascondersi dietro il muretto e si siede esausto contro la pietra bollente ansimando, sudato e sporco del suo sperma, pieno di vergogna e di umiliazione, e pieno di immagini eccitanti e rubate che per parecchie notti affolleranno le sue fantasie.


Ingredienti

700 g di mele succose
2 uova
200 g di zucchero
200 g di farina
100 g di morbido burro
la scorza e il succo di 1 limone profumato
200 ml di latte
1 bustina di lievito in polvere
Cannella in polvere ( un cucchiaino)
1 pizzico di sale
1 bacca di vaniglia
Preparazione

Sbucciate dolcemente  le mele, levate il torsolo con l’apposito attrezzo avendo cura di non ferire il frutto , tagliatele in quattro parti e riducetele a fettine  quindi mettetele amorevolmente  in un contenitore con il succo del limone così da non far annerire le mele.

Frustate (con l’apposito strumento)  le uova con lo zucchero ( precedentemente miscelati con un cucchiaio di legno). Fate sciogliere il burro e unitelo al composto così che facciano l’amore.
Unite a mano a mano tutti gli altri ingredienti, la scorza del limone e la cannella , il latte, la bustina di lievito, la bacca di vaniglia profumata, ¼ di cucchiaino di sale (che non guasta mai) e per ultima versate a pioggia (  purtroppo non dorata) la farina e mescolate molto bene.  

Otterrete così un composto omogeneo non troppo liquido al quale andrete a unire le mele precedentemente sgocciolate dal succo di limone in un’orgia di ingredienti.
Mescolate in modo da sparpagliare allegramente le mele  e subito dopo imburrate ( sporcandovi pure le mani)  e infarinate una tortiera.
Versateci il composto, spolverizzando la superficie di zucchero a velo misto a cannella e annusatene a lungo il profumo cos’ da inebriare i vostri sensi.
Cuocete in forno a 180 gradi per circa 50-60 minuti, poi sfornate la torta di mele.
Servite la torta di mele spolverizzando di nuovo la superficie con altro zucchero a velo misto a cannella.
Consigliamo di gustarla tiepida accompagnata da un passito di Pantelleria.
Servite la torta di mele spolverizzando di nuovo la superficie con altro zucchero a velo misto a cannella. 


Nessun commento:

tweet