LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



martedì 3 maggio 2011

ESALAZIONE DELL'ANIMA


Non riusciva a parlare.
Non sapeva perché ma un terrore muto gli chiudeva la bocca.
Non aveva la minima idea di dove si trovasse.
L’unica cosa che ricordava era un botto, una luce abbagliante e dei rumori lontani e fastidiosi.
Poi il nulla.
Era emerso dal niente e non aveva la minima idea di cosa fosse successo. Gli occhi riusciva ad aprirli, ma non poteva vedere nulla attorno a sé. 
Solo il buio.
Respirava a fatica.  
Gli pareva di essere in un letto, e per un attimo si sentì rassicurato da questo pensiero.
Magari aveva solo fatto un brutto sogno.
Ora era sveglio , sarebbe passato tutto, l’angoscia , il senso di claustrofobia, la voce strozzata e bloccata in gola.
In realtà avvertiva un fitta pulsante alla bocca.
Provò ad aprire le labbra ma il dolore si fece più intenso.
Forse aveva fatto un incidente ed ora era all’ospedale, qualcuno si sarebbe preso cura di lui.
Mosse le mani , magari sarebbe riuscito a trovare il campanello per chiamare qualche infermiera.
Poi con le dita toccò la stoffa e l’avvertì liscia e scivolosa. Fece scorrere le mani finchè potè e scoprì che era circondato da pareti di tela. Magari avevano tirato le tende attorno al suo letto.
Attorno a sé sentiva dei rumori sommessi, gli arrivavano ovattati, ma in qualche modo lo rassicuravano, era un segno che non era solo, avrebbe solo dovuto ritrovare la voce e chiedere aiuto.
Pensò di essere in una specie di coma vigile , eppure qualcosa non gli tornava.
Tentò di muovere i piedi ma riuscì solo a spostarli di qualche centimetro.
Provando a sollevarli colpì qualcosa che fece un rumore sordo, come di legno. Forse l’avevano messo in trazione, magari si era rotto le gambe o qualcosa del genere.
Poteva darsi che lo tenessero parzialmente sedato per il dolore e che la sua mente reagisse in modo inaspettato.
Che fosse tutta una impressione,  uno scherzo  della sua mente?
Il panico si stava impossessando di lui.
Tentò di concentrarsi per ricordare qualcosa di antecedente a quel momento.
Qualche lampo, qualche flash di una conversazione, di una discussione.
Con chi? Forse con lei, con la sua donna.
Oh… era così consolante il pensiero di lei in quel momento.
Piano piano tornava la memoria e i lampi diventavano brevi scene , come fotogrammi di un film.
Ricordò che stavano litigando , che pensava di dirle delle cose per rassicurala, ma gliene disse delle altre, per ferirla,  e lei si infuriò.
Più lei si infuriava e meno lui riusciva a parlare.
 Gli venne da piangere.
Immobilità, impotenza, silenzio attorno a sè, impossibilità di parlare e urlarle e chiedere aiuto.
Che fosse un incubo, che fosse un letto d’ospedale, che fosse un trucco del suo subconscio desiderava con tutto se stesso poter tornare in quella macchina a litigare con Barbara, fosse anche per tutta la vita.
Chiuse gli occhi fortissimo e con la mano si pizzicò la coscia.
Avvertì subito dolore. Dedusse di essere sveglio.
Restò ad occhi chiusi e la sua mente cominciò a ripercorrere all’indietro la strada che lo aveva portato lì, nel nulla.
D’improvviso ricordò l’attimo in cui il tir li aveva colpiti in pieno.
Barbara urlava, lo accusava di non darle attenzioni , di trascurarla, di non capirla e lui aveva serrate in gola, appoggiate sulle labbra, parole che l’avrebbero rassicurata , che l’avrebbero convinta del suo amore, ma non riusciva a dirle e mentre si girava per tentare di guardarla negli occhi aveva perso il controllo dell’auto ed aveva deviato nella corsia opposta, contro il camion. Ricordò per un attimo il volto dell’uomo alla guida, aveva grossi baffi neri.
Ma barbara dov’era?
Con la memoria arrivò anche il terrore.
-Sono in coma – pensò -  e non riesco a muovermi perché mi sono rotto qualche cosa - .
- Si, deve essere così devo mantenere la calma -  penso di nuovo -  sempre tenendo gli occhi serrati.
Eppure…
… Eppure sentiva che il suo fisico rispondeva perfettamente, ma forse era solo una impressione.
D’un tratto un pensiero terrificante lo colpì come uno schiaffo. E se Barbara fosse morta per colpa sua? Se nello schianto lei avesse perso la vita a causa di quello sciocco, inutile litigio e del conseguente momento di distrazione che causò l’incidente?
Riaprì gli occhi di colpo per scacciare dalla testa quella riflessione.
Invece del buio di prima vide sopra di sé un cielo infinito e lattiginoso, bianchiccio come orzata.
Alzò le braccia,  lo spazio attorno a sé accolse i suoi movimenti liberamente.
Allora tentò di mettersi a sedere. Detto fatto.  Aveva dolori ovunque. Erano quasi confortanti, erano la prova che era vivo, forse.
Si, ma dove si trovava? Non aveva mai veduto quel luogo.
Era seduto su una distesa infinita di sabbia rossa.
Erano solo quelli i colori attorno a lui, il bianchiccio del cielo e il rosso del terreno sotto il suo sedere.
Non c’era traccia di nessun’altro.
Era solo in mezzo a un deserto infinito.
Ancora una volta tentò di chiamare , di urlare, di chiedere aiuto.
Ancora quel dolore lancinante al tentativo di muovere le labbra.
Il silenzio che lo circondava era irreale, non un suono, non un alito di vento, nessun odore se non quello della sua urina.
Eh si, si era fatto la pipì addosso … e non solo quella.
Si passò una mano sulla bocca che sentiva umida e si asciugò dalla saliva che gli colava sul mento e dal muco che perdeva dal naso.
Aveva smarrito completamente il controllo delle sue funzioni corporee, forse per la paura.
Si accorse con stupore che non portava vestiti.
Che schifo, sentiva l’odore delle sue feci salirgli tra le gambe. Conati di vomito lo scossero.
Si grattò la testa e scoprì di avere una cicatrice che gli attraversava il cranio da un orecchio all’altro.
In effetti provava un forte mal di testa e la ferita al tatto gli doleva parecchio. Doveva essere una conseguenza dell’incidente - pensò.
Forse non erano ancora venuti in suo soccorso, ma com'era possibile che fosse già stata suturata la ferita se non era ancora arrivata  l'ambulanza?
Non riconosceva il luogo, erano su una provinciale nei pressi di Lodi quando avvenne lo schianto, mica in pieno deserto.
E poi l’auto , il tir e Barbara dove erano finiti?
Tornò prepotente e invitante dentro di sé la speranza che fosse in preda a un incubo.
Si mise una mano sul petto per calmare il batticuore e avvertì sotto le dita  una cicatrice in rilievo, abbassò lo sguardo e vide una grande Y incisa sulla sua pelle.
Non avvertì, del resto, alcun battito.
Cazzo.
Ma come poteva essere? Ma i morti sentono dolore? E paura? E angoscia? Non trovano finalmente la pace eterna?
Forse non se l’era mai meritata la pace eterna - rifletté.
D’un tratto ricordò un film che aveva visto non molto tempo prima.
Ai morti viene chiusa la bocca dall’interno affinchè non si apra quando vengono deposti nella bara e il cadavere risulti composto e sereno agli sguardi dei propri cari.
Fanno passare un grosso pezzo di spago sotto il palato e poi nella parte inferiore della bocca, poi tirano in un nodo stretto e nascosto in modo che le mascelle si uniscano.
Ricordò di aver pensato, guardando il film, che era una cosa non comune, che veniva fatto in maniera rituale e simbolica per impedire l'esalazione dell' anima attraverso gli orifizi naturali, durante la preparazione dei cadaveri in tempi non moderni, quando la facevano da padrone le credenze popolari.
Quello che non era stato capace di dire in vita, sia a Barbara che a molte altre persone,  non l’avrebbe mai più potuto dire, neanche da morto.
Poteva provare a strappare lo spago, si sarebbe dilaniato la bocca tra sofferenze indicibili, ma in fondo cosa sarebbe cambiato?
Se solo gli avessero legato assieme le mascelle con un fazzoletto, come si faceva nel sud, a casa di sua zia, sarebbe stato più semplice sciogliere il nodo e poter urlare all’infinito senza mai essere udito da nessuno ….
Anna_Ayse

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