LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



giovedì 5 novembre 2009

Il Sabbah -questo è per voi- (dai diari di Pepe)


Ci siamo riuniti attorno ad un tavolo con nove punte, nove angoli acuti: quelli dei triangoli che lo compongono, tre, e che si scompongono per riunirsi a formare nuove figure. E' una sera come tante ed è una sera speciale, come tutte.
Ogni angolo, ogni punta è la nostra arma di difesa e, insieme, il culmine della spada che ci minaccia.
E' con quella lama che ci tortuano e torturiamo.
E' quello l'acciaio con cui incidiamo il nostro triskele.
Le sensazioni si mischiano, la luce è mistica ed un cupo "Fidelio" è la colonna sonora dei nostri sussurri e dei nostri schiamazzi, delle parole e dei gemiti.

Mademoiselle ha riscoperto il suo lato mascolino. Il pavone ha perso le piume di troppo. Mademoiselle impara a recitare...quando calca il palcoscenico. Solo sopra il palcoscenico. Mademoiselle passa le dita sulla stoffa, per sentire il calore della pelle del suo signore. E il cavaliere si lascia corteggiare, mentre libera le corde che, a quisa di sacri serpenti, andrannoa a stringere le carni della dama. Per renderla finalmente femmina, sotto il peso profumato del padrone.

Ci sono nove baccanti, tutte assieme, attorno al tavolo. Senza sesso, o con gigantesche vagine che bagnano i vestiti. Le unghie si infilano nella carne e nei rumori. Le dita ricamano quelli che domani saranno lividi.
Il vecchio dorme un sonno leggero, fatto di ricordi, sospiri e stordimenti. E' un sonno distratto dall'odore di fica e di Dio. Il vecchio evoca un uccello il cui nome non si conosce, il cui nome non ci interessa sapere, perché basta sapere che è un uccello che nasce dal mare, che è, al contempo, padre e madre dei suoi vagiti. E il piccolo delfino nuota e cresce nelle nostre acque. E fa mille domande.

Ci sono nove fate attorno al nostro tavolo, che si leccan le ferite e ricuciono assieme lembi di pelle, che gli aghi han trafitto e lacerato. Latte materno stilla da un seno morsicato e sfama tutti i suoi figli.

Amo ascoltare la pelle mentre scorre sotto le mie mani. In questo modo posso vedere senza guardare. Avverto il tuo sguardo voltarsi, fuggire, lo sento sciogliersi nelle lacrime che nascono dal grembo di donna e che passano per le tue viscere, lacrime che ti stringono il collo con un nodo scorsoio e sgorgano da due gemme d'ambra scura, che adesso son tristi.

Lo spirito del bosco è venuto a farci visita, in silenzio, con la consueta discrezione. E' venuto a riposare le sue membra sotto la coltre delle foglie, cadute dall'alto per scaldare la nostra terra.
E' arrivato anche l'uccello del mare e il suo vecchio è andato a scaldarsi tra le sue pieghe di carne. Com'è bella...e che pelle liscia che ha!

Sì, c'era anche la regina, seduta in corrispondenza d'una punta forte e violenta come tutte le nostre nove punte.
E ha vibrato i colpi della sua frusta contro le ombre che puzzan di vuoto.
E i suoi colpi violenti han colpito vittime e astanti. Mentre la lupa piangeva.

-Siamo tutti schiavi- ha detto la regina -tutti schiavi dells tesso sole. Del figlio del sole. Del frutto del seno di Venere.
La nostra fame era tale che ci siamo lasciati mordere e toccare, per poter toccare e mordere. Sulle labbra. E una mano che avresti voluto mettere tra le gambe.
-Ma siamo legati...tra risate e sgomento- ha detto la regina.

-Le senti le nostre lacrime stronza?
-Perché mi chiami stronza? so che non lo pensi...sì che le sento le vostre lacrime.
-Ti chiamo stronza perché tu possa frustare più forte. O smettere di farlo.
Il seno bianco come la sua fica. Sopra dinoi, Dentro di noi. Attorno a noi, per proteggerci. -Grazie.
-E di cosa?
-Di averci frustato...e di aver smesso di farlo.


- Luce -

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