LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



martedì 22 marzo 2016

M.M

Piove, piove, piove. Non ha alcuna intenzione di smettere. Marzo fottuto. La primavera non sembra avere nessuna voglia di arrivare a consolare e scaldare.
I vetri  delle finestre sono rigati di pioggia che scivola via in larghe gocce grasse e panciute, pesanti. Freddo e umido.  Si passa una mano tra i capelli corti come a scacciare la ragnatela appiccicosa d’un pensiero fastidioso.
Non può più stare chiusa li dentro. Deve uscire prima di diventare pazza. Da mesi vive rinchiusa tra quelle quattro mura aspettando non si sa cosa, guardando sempre lo stesso film, compiendo gli stessi gesti rituali, ossessivamente.
Corre in bagno e si butta sotto la doccia prima che l’impulso di uscire le passi lasciando il posto all’apatia e alle solite paranoie.
S’insapona sfregando forte, arrossandosi la pelle, ricoprendosi di schiuma morbida e profumata lasciandosi frustare dal getto potente della doccia bollente.
Rimane ad occhi chiusi per un po’ sotto l’acqua sperando che le lavi via di dosso la frustrazione e la tristezza degli ultimi pesanti e angosciosi mesi.
Si sente un po’ rigenerata, lentamente si spalma su tutto il corpo una crema profumata e si strofina i capelli arruffandoli.
Passa un tocco leggero di matita nera a sottolineare il contorno dei grandi occhi verdi e mette appena un velo di rossetto rosso.  Sono gesti che non compie da tanto tempo, non ne aveva avuto voglia, non sentiva il bisogno di farsi bella da un bel po’.
Non perde molto tempo a vestirsi: jeans, stivali neri, maglietta nera e un maglione nero col cappuccio. Afferra il suo giubbotto di pelle vecchio e sgualcito che la fa sentire tanto al sicuro e che le sembra sempre che l’abbracci ed esce quasi correndo, come impaurita che i fantasmi, gli incubi e i deliri le possano correre dietro afferrandola e riportandola in casa, in prigione, tra sbarre di ricordi e di lacrime.
Sembra telecomandata. Sale in auto e va verso il Frida, chissà poi perchè. Il locale è un vecchio ritrovo dove servono salumi spagnoli e assenzio. Entra imbarazzatissima. Spera che nessuno noti quanto sia disabituata ad andare in giro da sola per locali e si siede ad uno sgabello vicino al bancone.
Ordina vino rosso. Le viene servito in un bel bicchiere panciuto, un baloon sensuale. Il rubino del vino la ipnotizza. Dopo i primi due sorsi inizia a rilassarsi e a scaldarsi. Osserva le persone, cerca di indovinare le interazioni, ascolta i discorsi senza farsi notare. E’ curiosa  e avida di vita, di gente, di parole. Le pare che l’involucro vischioso in cui si sente rinchiusa da un pezzo si stia spaccando lasciandola scivolare finalmente fuori, nuova, pulita, splendente.
La barista si lamenta di due avventori maleducati e le fa dei gesti d’intesa. Sorride e alza gli occhi al cielo provando empatia per quella ragazza che tutte le sere sopporta gente d’ogni tipo. Si crea una sorta di confidenza per cui ogni tanto scambiano qualche frase. Si sente meno sola e meno impacciata.
Il vino la illanguidisce e la rende curiosa. Gli occhi ora vivaci e luminosi guizzano di qua e di là affamati di visioni.
Nel trambusto delle voci e delle risate che la distraggono all’improvviso s’accorge d’una presenza al suo fianco. Non s’era  affatto resa conto dell’arrivo di un uomo che s’era seduto proprio sullo sgabello vicino al suo.
Fin’ora lei e la barista s’erano create un loro micromondo in cui nessuno era penetrato un po’ perché  gli avventori s’andavano a sedere ai tavolini e un po’ perché era ancora troppo presto perchè il locale fosse affollato così tanto da riempire tutti i posti.
Ma torniamo al nostro uomo. Il fatto è che è pieno di uomini il bar, ma quello li emana una forza strana che catalizza la sua attenzione.  Non è bello nel senso classico del termine ma è maschio.
Ha spalle larghe e un torace ampio di quelli su cui addormentarsi dopo la passione.
Ha una bella barba che lo rende decisamente selvatico. Come lei anche lui è  vestito semplicemente, con pantaloni  con le tasche e felpa scura col cappuccio.
Si rivolge gentilmente alla barista chiedendo un whisky “Oban” che lei non ha sentito mai nominare.
Mentre allunga la mano per prendere il suo bicchiere inavvertitamente urta il  vino facendolo ondeggiare pericolosamente.
Lei lo afferra per evitare che si rovesci e nel farlo gli sfiora le  dita. Una corrente elettrica scorre subito su per il braccio fino ad arrivarle in testa, direttamente in mezzo agli occhi.
Le chiede scusa con un sorriso e lei improvvisa una frase sconnessa, imbarazzata com’è da quel contatto inaspettato.
Finisce il suo vino e ne ordina un altro abbozzando un cin cin in direzione della barista che le risponde facendo tintinnare il collo della bottiglia della sua birra e coinvolgendo nel brindisi anche il bel tenebroso.
Inizia così una danza di sguardi e di mezzi sorrisi accennati, di battutine tra le due ragazze e l’uomo col cappuccio.  Il tempo passa piacevolmente e ora sugli sgabelli si chiacchiera amabilmente anche se non sono ancora state fatte le presentazioni ufficiali. Lei si accorge che piano piano sta diventando più maliziosa, sta flirtando e se ne compiace, ha dimenticato il sapore di  quel gioco delizioso.
“Devo fare pipì” esclama con allegria rendendosi poi conto di quanto fosse poco elegante la sua uscita in un contesto di estranei.
“Evviva” esclama la barista oramai sempre più impegnata a preparare cocktails e a servire bibite.
L’uomo invece a quella frase s’incupisce e lei nota un guizzo negli occhi scuri, come un luccichio perverso. Lo sente ripetere a bassa voce, come se la assaporasse,  quasi tra sè e sè, la parola “pipì”.
Si accorge che ora la sta guardando fisso e quasi pensieroso, come se stesse decidendo qualcosa di importantissimo.
Turbata si alza per andate in bagno e sente il suo sguardo bucarle la schiena.
Si gira un secondo per lanciargli un’ ultima occhiata veloce e i loro occhi s’agganciano. Le batte forte il cuore sono anni che un uomo non la osserva così, le sembra davvero desiderio quello che ha percepito.
Corre a rifugiarsi nella toilette.  Entra in fretta nel bagno, chiude la porta e vi sì appoggia con la schiena. Si sente una bambina in gita. Si guarda allo specchio e si mette a ridere da sola ripensando al suo comportamento infantile.
Si tira giù i jeans e si siede sul water. D’improvviso la porta si spalanca e si ritrova davanti l’uomo misterioso. Ma come cavolo … non aveva chiuso a chiave nella confusione del momento!!!!
Lui entra e si richiude la porta alle spalle. 
Dovrebbe cercare qualcosa da tirargli addosso. Si domanda se sia opportuno iniziare ad urlare a squarciagola chiedendo aiuto.
Cavolo, è un maniaco, l’ha seguita nel gabinetto e ora chissà cosa vuole farle. Dovrebbe reagire e tentare di cacciarlo.
E invece niente, se ne sta li con i pantaloni calati fino alle caviglie, seduta sul water, a guardalo.
Ha una espressione completamente rapita.
Piano piano si avvicina a piccoli passi.
Non parla, ha il respiro corto, è chiaramente eccitato, si vede dal rigonfiamento del cavallo dei suoi calzoni cargo.
Poi, finalmente, parla. Rompe il silenzio e le parla con voce bassa e profonda, incredibilmente rassicurante nonostante la situazione.
Le dice il suo nome. Michele, si chiama Michele. Cerca di tranquillizzarla dicendole che ha solo assecondato l’impulso di seguirla senza nessuna intenzione di farle del male.
 Dice che gli piace, che la trova  molto bella e sexy. Dice anche che vorrebbe chiederle una cosa ma che non vuole spaventarla o metterla in difficoltà.
E’ confusa, imbarazzata e un po’ preoccupata ma allo stesso tempo è incuriosita e terribilmente eccitata da quella situazione potenzialmente pericolosa. Si chiede se lasciarlo fare.
Vuole vedere dove vuole arrivare, dove vuole andare a parare. E poi le piace un sacco, le piace tantissimo quell’uomo.  Ora chiusi insieme in quello spazio angusto possono quasi palpare l’attrazione che c’è tra loro.
All’improvviso, rapido e fulmineo fa un balzo in avanti e le prende il collo stringendolo con una mano e spingendola con la schiena contro il muro.
Si china su di lei e la bacia, la bacia appassionatamente. Spinge con la lingua contro i suoi denti bianchi per trovare un varco nella  bocca calda e profumata di vino. Le dita stringono abbastanza forte il collo da toglierle il respiro o forse è quel bacio a levarle il fiato?
Trema tutta, è disorientata e le sue mani tentano di spostare indietro l’uomo che la sovrasta, ma senza successo. E’ più possente e più grosso di quanto appaia e tentare di spingerlo è come provare a muovere un grande albero secolare.
La sua lingua è bollente e morbida e ha il  sapore dolce del liquore, la invade tutta e si ritrova a ricambiare il bacio stupita dalla sua reazione, e’ eccitatissima. Forse è sufficientemente brilla da potersi permettere una sana incoscienza.
Si stacca e la lascia libera, le toglie la mano del collo bianco e l’aria, densa dell’odore di lui, le riempie di nuovo i polmoni.
Ricomincia a parlare.
Dice che ha un desiderio, una fantasia. Le dice che gli piacerebbe davvero da morire stare a guardarla mentre lei fa pipì e che gli piacerebbe anche poterla leccare.
Pensa in fretta.
Scappare?
Colpirlo sotto il naso?
Urlare?
Perché?
Non si sente minacciata, si sente emozionata ed eccitata.  Ma è una follia!!
E’ una cosa da matti, è pericoloso, è da fuori di testa!!
Eppure sente che qualcosa dentro di lei scatta, si sta arrendendo all’irrazionale, si sta lasciando andare alle sensazioni.
Tira un profondo sospiro e lo guarda dritto negli occhi con aria di sfida. Le sorride di rimando. Sta li dritto in piedi, appoggiato alla porta con le mani nelle tasche.
Forse nasconde un segreto, oppure soltanto caramelle e monetine.
Senza dire nulla, inizia a far pipì.
Piano piano, calibrando il getto e tenendo bel allargate le gambe in modo che lui posso guardare meglio la pioggia dorata che  in un piccolo rivolo inizia a cadere.
Inizia a strofinarsi l’uccello con la mano da dentro i pantaloni, lei riesce a vedere il gesto nascosto dalla stoffa.
Tira fuori le mani dalle tasche e si slaccia prima la cintura e poi i bottoni e lascia scivolare fuori il suo cazzo, un bel cazzo, tutto dritto e ben fatto.
 Inizia a maneggiarlo su e giù ritmicamente, una danza ipnotica, un balletto sensuale come un tango,  mano e membro allacciati in un vortice sensuale.
Continua a pisciare e lui s’avvicina puntandola con l’uccello in mano.
Le si siede sopra, le si mette in braccio, faccia a faccia, facendo attenzione a non pesarle addosso.
Infila il cazzo in mezzo alle sue cosce così da metterlo direttamente sotto il getto d’urina. Goccioline dorate schizzano sui peli del suo pube. Luccicano sotto la luce fluorescente del bagno del locale. Una doccia bollente lo investe.
L’uomo chiude gli occhi e si gode la sensazione dello scroscio sulla pelle tesa e lucida del suo membro mentre lo sfrega contro le labbra aperte e bagnate della fica.
Lo attira a sé prendendolo per le natiche, vuole odorarlo, vuole baciarlo ancora come prima.
Quando si esaurisce il getto lui si alza in piedi, le spinge la nuca in avanti con una mano e con l’altra le infila il cazzo in bocca.
Bagnato d’urina e dei suoi umori lo succhia avidamente, lo lecca, lo ingoia. Ora è affamata, avida, non si fa più nessuna domanda.
Si stacca interrompendo quel contatto così intimo e la tira in piedi, la fa alzare dall’asse e le circonda la vita con un braccio attirandola a sé.
Le accarezza il culo con la mano libera, scorre sulla pelle nuda e lentamente s’insinua nella fessura umida suo sedere, sfiorandole l’ano con le dita .
Sente subito una contrazione.
Sposta la mano davanti senza mai staccare da sé il corpo della ragazza. Un passo alla volta l’ha spinta contro il muro e ora la sta schiacciando con il peso del corpo, aderendo completamente a lei, sfregandosi contro di lei.
Tuffa le dita nella sua fica bagnata .
Lentamente inizia a masturbarla sorreggendola. Le gambe le tremano, lui la sente. Le bacia il collo, il petto, e intanto la tortura con le dita. Ora sono tutte bagnate di lei e può di nuovo spingersi verso il suo obbiettivo principale.
Con l’aiuto degli umori diventa molto più semplice infilarsi in quel buco così stretto e timido. Il  dito entra un poco, poi ancora di più. Con calma si spinge sempre più in profondità senza forzare, finché non la sente rilassarsi e accettare quel massaggio inebriante.
Le dita diventano due. Poi tre. Ora lei sta ansimando forte aggrappata al suo collo.
Il suo respiro caldo gli sfiora la pelle e la sente sussurrare preghiere e implorazioni.
Margherita. Si chiama Margherita. Glielo sta mormorando tra un sospiro e l’altro.
D’un tratto smette di toccarla. Respira forte, si concentra, la guarda deciso. Le tira su i pantaloni, allaccia i suoi. Lei è confusa e carica d’elettricità. Si sta chiedendo come mai lui si sia fermato così repentinamente.
Tenendola per mano la trascina fuori da quel bagno angusto.
Attraversano il locale quasi correndo e si tuffano nella notte.
Lui ha bisogno d’un letto per incularla, per leccarla, per scoprirla. Lei ha bisogno  di scuotersi di dosso l’incredulità d’aver scovato quell’anima affine per potergli  mostrare con calma, con pazienza, con tranquillità tutto quello che vuole fargli per farlo godere.

Gli animali della notte corrono verso una tana.

(Ayse)

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