Suona un clacson. Mi scuoto e ritorno in me. Mille volte al giorno. Come d’improvviso sparisco qualche minuto. Mi proietto. Una porta spazio –temporale e ti vedo. Seguo i tuoi passi. Ascolto la tua voce. Vedo nello specchio l'espressione. Quella smorfia solo tua di quando ti rimiri. Persa in un buco nero volteggio senza gravità. Quel gesto con la mano. Quel sorriso strano. Guardo l’orologio. E’ l’ora in cui esci. Sento il rumore della doccia, sei tornato da quell'impegno. Squilla il cellulare, cado su un gradino e torno nel grigio del marciapiede, fuori dalla tua giornata. Sovrappensiero ti guardo accendere il camino. Immaginandoti. Il divano, il terrazzo. In cosa sei indaffarato?Un altro clacson. Con un boato ritorno indietro. Le giornate scorrono così. Interrotte. Riprese per i capelli. Sconnesse. In bilico tra realtà e memoria immaginata.
F.
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