LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



martedì 10 luglio 2012

Nella notte della notte della notte della notte ...



La notte è la parte più difficile, quell’intervallo di ore in cui il silenzio diventa assordante e ogni pensiero urla a gran voce rimbombando per la casa.
Mi perdo facendo un lavoro di cui spero tu sarai fiero quando tornerai, e con le mani sporche di bianco fisso con cura le mensole nel bagno, come se invece che spalmare del cemento colloso accarezzassi la tua pelle.
L’acqua della doccia lava via qualche pensiero e un po’ di sangue mestruale. Coccolo il mio mal di pancia che senza di te è l’unica cosa che mi fa sentire che dentro di me qualcosa comunque si muove.  Quel lieve ma profondo dolore un po’ mi rilassa e mi da sollievo.
Mangio prosciutto crudo con le mani, direttamente dalla vaschetta, come farebbe un cane randagio, senza tanti complimenti. Bevo latte di soia dal cartone. Ho esaurito le cose obbligatorie da fare per riempire il tempo. Sistemare casa, nutrirmi, lavarmi. Tutto il resto sarebbe superfluo e il superfluo mi distrae da te e non voglio distrazioni di sorta, ora. Magari domani  violenterò il senso di mancanza di te riempiendolo con qualcosa d’altro, una amica a cena, un impegno cercato apposta, ma stasera no,  stasera deve andare così. Io e la tua assenza da soli, a farci carezze e a darci baci bagnati e salati.
Il sonno confortante, quello che spegne il cervello, tarda ad arrivare, non c’è consolazione nell’insonnia che tormenta e che rende tutto più lento, così tremendamente lento. I secondi passano piano , talmente piano da sembrare giorni e il tempo si dilata inghiottendo tutte le migliori intenzioni di stare tranquilla. Mi arrendo, ho scelto io, ho scelto perché così mi piace per questa notte: modalità malinconia ON.
Nessuna intenzione di allontanarla, non più. Sorrido all’Anthurium, anche quello mi ricorda te.
Irrequieta trovo rifugio in storie ridicole, tanto ridicole da sembrare reali, passano sullo schermo immagini talmente improbabili da riuscire a rapire la mente per qualche ora. Zombi che in qualche modo ora mi somigliano, morti viventi, uomini e donne mutanti a causa delle radiazioni vivono nascosti nei boschi e nel reattore n°4 della centrale nucleare. Io vivo nascosta nel mio nido anziché in un bosco, tornata selvatica e solitaria, curo le mie piante, le vizio, le coccole, parlo loro, sembrano gradire.
 Forse vista da fuori, potrei sembrare un furetto o una faina, una lupa dagli occhi rossi che bucano il buio della notte e si nasconde ad ogni fruscio. Non voglio interferenze a tagliare la mia attesa,  mi infastidisce un messaggio. Una telefonata mi irrita.
Il divano prende l’impronta del corpo sudato, si scava un buco dove resto immobile, sdraiata, nella mia tana di stoffa e cuscini.
Cerco contatto con tutto quello che ti riguarda, in ogni oggetto che riveli la tua presenza comunque. Una maglietta, briciole di cibo che hai seminato sul mio divano, i tuoi sigari sotto il tavolino, il tuo fazzoletto sotto il cuscino. Metto i tuoi pantaloni rossi, sembro un pagliaccio, sorrido.
Il ventilatore soffia via ogni tentativo di dare requiem all’anima disperata, dispersa. Mi dico che esagero, mi dico che passerà questo tempo infame, mi dico tutte quelle cose che mille volte mi sono già detta, ma il buio amplifica ogni sensazione di smarrimento, di solitudine, di sconforto. Col sole, col mattino un poco si placherà questo senso di disperazione, di paura di perderti, di voglia di toccarti… col sole.
Con passi lenti e incerti passo dal divano al letto dove una sorta di incoscienza rivela sogni confusi e complicati di tartarughe lasciate a morire di fame in compagnia di scarafaggi neri, una si salva, la salvo … facendole addentare una fetta di melone ma appena inghiotte il dolce boccone di frutta, la tartaruga si trasforma in una farfalla richiusa in una bolla che scoppia frantumandole le ali …
Le prime luci del mattino bucano la tapparella, un brezza fresca mi asciuga il sudore sulla schiena e resto a fissare quel tenue bagliore allargarsi e spandersi sopra di me distesa sul lilla delle lenzuola. E’ ora di andare, ricomincia la giornata ma non la vita, o meglio non quella vita vera che tu mi sai riempire di emozione.
 No, quella no, quella vita lì aspetta come in un fermo immagine il tuo ritorno.
Tua
Anna

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sempre bello leggerti..

Aysedicartavelina ha detto...

sempre bello ritrovare i tuoi commenti .. :-)

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