LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



martedì 29 maggio 2012

REWIND


La mattina ti alzi, sembra proprio di non potercela fare, temporeggi, ti giri un paio di volte nel letto, guardi l’ora sul display del cellulare, poi metti giù, per forza, il primo piede. Il pavimento è fresco l’equilibrio instabile quando provi ad alzarti appoggiando l’altro piede. Ti appoggi con la mano al muro, ti sembra di avere uno zaino con 500 mattoni dentro sulla schiena.  Passo dopo passo arrivi al salotto inondato di luce. Tre biscotti mentre sorseggi dal cartone il latte di soia e cerchi di richiamare tua figlia all’ordine perché si muova a vestirsi. E’ tardi. E’ sempre tardi. Non c’è mai tempo per un attimo di respiro. Quasi non ti lavi neanche la faccia, i denti si, è più forte di te.
Apri l’armadio e pensi che non ha alcun senso vestirti bene, non ha alcun senso davvero. Ti sporcherai,  vuoi essere comoda per affrontare le tue belle dieci ore di lavoro. Ormai sono 17 anni che ogni giorno si ripete la stessa scena. Carichi figlia e cartella in macchina, cerchi di schivare il traffico perché con le palpebre semichiuse si fatica a vedere bene. La radio dice qualche cazzate. A volte ti strappa un sorriso. Prima fermata “ Ciao amore, buona giornata, fai la brava …etc…” ma le tue parole si perdono nel vento,  lei è già andata, manco t’ha cagata. Ci son le sue amiche lì deve chiacchierare, mica fare pucci pucci con la mamma.
Seconda fermata, il bar. Piccola isola felice. Ti portano il tuo caffè rigorosamente decaffeinato al tavolino, ti sorridono, ti chiedono come stai. Poi arrivano il meccanico, il benzinaio, la ragazza dell’immobiliare, il garzone della farmacia, presenze rassicuranti, ma che sono indice che anche questa giornata sarà identica in tutto e per tutto alle altre.
Qualche volta nasce  un discorso, una discussione, il più delle volte ci si guarda e si dice: “Dai, ce la possiamo fare…”oppure “che sonno”… o ancora“voglio andare in pensione ..”.
Ci si contagia a vicenda di questa stanchezza cronica di chi è veramente tanto tanto stanco di rivivere come un incubo la propria giornata da decenni.
Deve cambiare qualcosa, non può essere sempre così, sempre uguale , un giorno dopo l’altro. E’ come essere morti. E’ come essere degli zombi.
Il pensiero più consolatorio è: vorrei tanto fare la contadina, seminare e arare i campi, sedermi sotto un albero al’ora di pranzo con pane e olive, tornare al tramonto sporca di terra ma con le guance rosse e la fatica sulle spalle che ti fa sentire viva.
Invece ti specchi nel bancone del bar e sei quasi verde, emaciata… un pallore spettrale … Son bravi quelli che riescono a camuffarsi dietro trucco o occhiali da sole, tu non hai la forza di fare neanche questo. E poi a cosa servirebbe una maschera? A metterti un sorriso che non hai o che non ti viene spontaneo ..?
Aspetti solo che finisca la giornata, che quando è finita è finita veramente però, perchè non ti resta che trascinarti a casa, preparare la cena, e svenire sul divano.
E il resto della vita? Quella che ti ricordavi che esisteva, “giuro”, dici a te stessa ogni tanto.
Pensieri sparsi che chi non ha un lavoro contesterebbe sicuramente..ma come diceva qualcuno “ognuno ha i suoi incubi”… il mio è svegliarmi domani e sapere con certezza che sarà ancora tutto uguale a ieri …
Deve cambiare qualcosa, deve cambiare qualcosa, deve cambiare qualcosa, deve cambiare qualcosa … ti ripeti come un mantra.
Dicono che funzioni.
Anna

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