LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



venerdì 20 aprile 2012

PARTIVA SOLDATO




Era in queste giornata di pioggia e di cielo scuro che si ritrovava chiusa nel labirinto del suo passato, ripercorrendo le strade, gli snodi, gli svincoli, le gallerie , i tunnel che la vita le aveva messo davanti.
Forse perché con l’umidità l’artrite si faceva sentire con maggiore intensità, o forse solo perché non aveva nessuno in giro per casa con cui guardarla, quella pioggia, cadere la cielo.
Non rimpiangeva niente, ora che aveva i capelli bianchi, le mani ossute e un poco tremanti  e contratte, e che le forze erano sempre meno.
Ogni ricordo, persino il più brutto acquistava un aura di malinconica dolcezza.
Era una donna fortunata, non aveva malattie invalidanti a parte quella fastidiosa artrite, se la cavava da sola, andava a fare la spesa, si ricordava ancora il codice segreto  del suo bancomat  e riusciva quasi tutti i giorni a sorridere.
Aveva avuto molti amori, a tanti di loro aveva detto ti amo, a quelli più importanti non lo disse mai, quasi per paura che fosse per sempre.
Non era mai riuscita a credere che qualcosa potesse esserlo davvero, per sempre.
Se  fosse rimasto, anziché sparire inghiottito dalla guerra, pensava guardando fuori dalla finestra del secondo piano della sua piccola casa, probabilmente sarebbe riuscita ad accettare di condividere con lui ogni giorno l’aria che respirava, il pavimento su cui camminava, l’acqua con cui sciacquava i piatti e si lavava il viso e i denti.
I suoi denti, quei denti che tanto orgogliosamente, andava ripetendo -  sono ancora tutti miei - spesso si aprivano in sorrisi larghi e aperti quando passeggiava per il parco e incrociava bambini vocianti e cagnolini scodinzolanti.
Ecco avrebbe voluto, ora che lui non c’era più, che il solitario spazzolino con cui tutte le sere lavava accuratamente i suoi denti, avesse avuto un compagno con cui condividere il bicchiere del bagno, nello scuro mobiletto in cui rimaneva chiuso per la maggior parte della sua esistenza di setole e plastica.
Qualche volta si sorprendeva a immaginarlo, seduto al tavolo della cucina, bevendo vodka. Lo immaginava domandarsi come sarebbe stato se fosse tornato e avesse preso in sposa quella ragazza di paese invece che aver seguito la bionda scia della russa alta e slanciata, di cui non capiva l’idioma e con la quale non poteva parlare il suo colorito dialetto.
Oppure lo vedeva esangue, sul campo di battaglia, sdraiato nella neve macchiata di sangue rosso rubino, morto sotto i colpi di mortaretto dei nemici, o ucciso dal freddo, dai geloni o dalla fame.
Non sapeva quale delle due versioni le desse più sollievo, probabilmente nessuna.
Lei che lo aveva aspettato neanche tanto a lungo, prima di avventurarsi nella grande città, lasciando il paesello per diventare una mondina metropolitana, preferiva non immaginarlo affatto, forse.
Era in queste giornate di pioggia che riusciva a lavarsi di dosso il passato e quello che sarebbe stato se o forse o comunque.
Allora prendeva il telefono, chiamava Gianni e si incontravano al caffè sotto casa.
Qualche volta si tenevano per mano, in un paio di occasioni lui aveva persino osato sfiorare le sue labbra ormai aride dagli anni di siccità emotiva in un casto bacio che però la faceva fremere in fondo.
Se c’era il sole facevano lunghe passeggiate seguendo il corso della Martesana,lui appoggiato al suo bastone da passeggio e lei appoggiata al suo braccio e si sentiva felice, non tornava nessun ricordo a tormentarla e anche se non aveva mai avuto figli e non si era mai sposata, la presenza di quell’uomo al suo fianco valeva più di mille passioni fulminanti  che sparivano tra capelli biondi o pallottole.
Gianni era una costante col suo affetto imperturbabile. Gianni era molto più vecchio di lei e la faceva sentire protetta. Gianni non era una fotografia sbiadita in bianco e nero. Gianni l’ascoltava quando parlava e aveva persino imparato a capire il suo colorito dialetto. Gianni si sedeva sulla sedia di fianco alla stufa e faceva con lei lunghe partite interminabili a scopa nei pomeriggi invernali.Forse lo amava, ma non glielo avrebbe mai detto per paura di vederlo sparire ….

Anna


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