Tutto
resta immutato, si ripete all’infinito. Come in un incubo. Notte dopo notte. Passo
le sere al solito locale. Alcol, sigarette, qualche chiacchiera, finchè riesco.
Poi mi siedo sul marciapiede e inizio a piangere. A volte vomito. Mi calo le
mie 20 o 30 gocce di ansiolitico e vado a casa. Queste sono le mie notti di
ventenne da un anno circa. Da quando l’ex
mi ha lasciato per la rossa. Chissà
perché sapevo che era lei. Eppure non li avevo mai visti insieme, nemmeno
parlare. Qualcuno ogni tanto mi dice: - Mi ricordo di te, sei quella che piange
e vomita fuori dai gradini dell’”Opera”.
Sorrido di un sorriso triste.
–
Si, sono io- rispondo.
Chi
si avvicina a me, non resta più di 5 minuti, un po’ per l’umidità delle lacrime
e un po’ perché non c’è storia. Non so perché, ma l’ex mi viene a cercare ancora. Io gli lascio uccidere il mio orgoglio,
gli regalo il mio dolore. Così il suo ego si può espandere. Succede un paio di
volte alla settimana, quando usciamo dalla sala prove. Sale sulla mia macchina
e mi scopa. Lui gode, io no. Ma posso abbracciarlo mentre lo fa. Qualche volta
mi dice che mi porterà via, sul suo cavallo bianco. Ovviamente gli credo e rimango. Sono diventata la
sua amante, pur di non perderlo. Da fidanzata a concubina tempo zero. Un
suicidio perfetto. Intanto mi butto via con scopate inutili con sconosciuti e
storie insensate e pericolose, senza sentimento.
Il
pittore arriva un giorno di primavera. Entra in negozio e mi parla di
cose. E’ magro, magrissimo, con capelli lunghi grigio cenere. Qua e là qualche
filo bianco. Ha baffi all’insù. Sembra senza età, ha solo una trentina d’anni.
Lo guardo, somiglia a Dalì, manco a
dirlo. Disegna donne bellissime. O meglio, le abbozza dentro cerchi, le lascia
intuire, lascia intravedere i loro pieni e i loro vuoti. Dove sono pieni e dove
sono vuoti. Usa colori caldi quando le dipinge. Usa l’arancio, il marrone, il
bordeaux scuro, il giallo. Mi invita in laboratorio a vedere i suoi quadri.
Originale rispetto alla collezione di farfalle o di francobolli. Incredibilmente
non ci prova. Mi piace il suo studio. Per me diventa un rifugio, lì mi isolo
dai miei genitori e dal dolore sordo dell’ex.
E’ un posto ampio con muri bianco sporco. Ci sono un divano logoro di pelle
nera,un tavolino rotto e una radio, una scrivania e grandi finestre. E’ un semi
interrato. Il pittore beve parecchio e fuma. Fuma Benson & Hedges e marijuana. Io gli parlo dell’ex e lui mi racconta della sua ragazza grassa. La
chiama Giacomo. Ha un anello con un
maiale all’anulare. Sostiene che l’uomo discenda dal porco. Afferma che sia
esistito l’Homo Sapiens Marsupialis,
l’uomo nudo con le mani in tasca, per intenderci. Un giorno mi regalerà due
quadri. Non sapevo che mi avesse dipinta. Oddio, non sapevo nemmeno se
raffigurassero me, ma mi piace pensarlo. Il padre di mia figlia li butterà via
di nascosto, facendomi piangere. Getterà un pezzo della mia vita
nell’immondizia. Non ho ancora avuto il coraggio di dirlo al pittore. Amavo le
sue calde donne dipinte. Iniziamo a uscire assieme. Chiacchieriamo e beviamo
birra chiara. Nelle mani ha una energia fortissima. Una sera mi dice che ho un
buco nero nel petto. Un ombra che oscura il verde del chakra del cuore. Mi fa parlare
di mio padre. Mi fa piangere molto quella notte. Un pomeriggio d’estate ci
troviamo in studio. Stende un lenzuolo sul pavimento di cemento sporco di
colori, ne sento l’irregolarità e la durezza sotto la schiena. Beviamo vino e
facciamo sesso. E’ una specie di medicina. Lui dico, è balsamico. Forse è un
placebo ma funziona. Mi sta vicino e qualche volta mi sta dentro, mi fa sentire
bene. Quando è stanco di Giacomo scappa da me. Non mi mette a disagio come l’ex. Lui mi guarda come un demone e mi
spaventa, non mi fa sentire all’altezza. Con l’ex ho sempre l’impressione di dover essere più alta, più bella, più
sexy, più porca,più sgamata, più diversa. Più un'altra. Che non sono io. Un
giorno, mille anni dopo, davanti alla solita birra e ai soliti amici, il
pittore avrebbe affermato che sono la
Dea del sesso. Non
ebbi mai un orgasmo con lui ma a quanto pare gli piaceva parecchio il mio modo
di non godere.
Qualche
volta facciamo furiosi e adrenalinici viaggi in moto dove ci infiliamo in
tunnel che ci vengono incontro serrandosi su di noi, a velocità suicide, senza
battere ciglio.
Mi
porta a ballare. Arriva la sua fidanzata, furiosa. Lui le spiega che sono una
amica, ma Giacomo non è scema. Mi ritrova in studio il giorno dopo, sul divano
di pelle nera. Mi ringhia, ferita, e se ne va. A quanto ne so, stanno ancora
assieme, quindi credo di non aver procurato grossi danni. Passa l’estate e
chiudo il dolore sordo in fondo a un cassetto. Decido di smettere di farmi
male. L’ex mi cerca sempre, qualche
volta riesco perfino a dirgli di no. on scrivo più canzoni per lui. Non vado
più a sentirlo cantare. Devo essere onesta,è lui che non canta più col gruppo,
ora c’è una donna meravigliosa come cantante. Mi faccio ancora di Lexotan e
Montenegro.
Di
nuovo il solito locale. La solita gente. Gli stessi amici. Una sera ci porto il
pittore. Mi vuole bene. Lo so. Non ci amiamo. Ci frequentiamo con affetto. Ci
frequenteremo per anni. Mi insegnerà a mettere il reggicalze sotto le
mutandine. Mi cucinerà la mia prima tartare di carne. Facciamo sesso per caso.
L’alcol gli crea qualche problema ma
poco m’importa. Non godrei comunque. E’ solo uno scambio di vuoti. Qualche
volta piango ancora per l’ex ma lo
faccio di nascosto. Quella sera al locale beviamo e fumiamo. Porto i capelli
rasati a zero. L’ex entra dalla
porta. Non lo vedo da mesi. Il pittore mi guarda, si alza ed esce a fumare.
L’altro arriva e si siede. Mi dice: - Ciao passerotto. li chiedo come sta. Ha
cambiato fidanzata. Dice che mi pensa.
Chiede se possiamo parlare. Gli sorrido e gli dico di no, che non sono da sola.
Indico con la testa il pittore. Si alza, pieno di disprezzo. – Sei una puttana
– Mi sibila. Sorrido, lo mando affanculo.
Per sempre.
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