LO QUE ME GUSTA


"Lo que me gusta de tu cuerpo es el sexo. Lo que me gusta de tu sexo es la boca. Lo que me gusta de tu boca es la lengua. Lo que me gusta de tu lengua es la palabra."

Julio Cortàzar -



martedì 28 ottobre 2008

Una serata tranquilla - seconda parte


La sedia mi aspettava .
Mi facesti sedere e legasti le mie braccia ai braccioli e le gambe ai piedi della sedia, leggermente divaricate.
Un giro di corda attorno alla vita e uno sotto le ascelle mi bloccarono allo schienale.
Restavo lì, in attesa, sempre bendata, sempre muta e imbavagliata, sempre trepidante e eccitata.
Non era mai accaduta una situazione così estrema.
Iniziavo ad esserne spaventata , ancora di più ora che non ti sentivo più armeggiare attorno a me.
Mi sembrava di nuovo di essere sola.
Non avvertivo né il tuo odore, né il calore del tuo corpo, né alcun movimento nella stanza .
Ero sola con i battiti accelerati del mio cuore e il respiro affannoso che mi entrava ed usciva dalle narici.
Un piccolo drago tremante con le ali legate e le fauci impossibilitate a spalancarsi, ecco come mi sentivo.
Ad un tratto sentii il suono fastidioso del citofono, tre brevi rumori gracchianti, come se fosse stato concordato prima il numero delle volte , come se fosse una specie di messaggio in codice: sono io, apri.
Ti sentii aprire, avvertii il rumore dell’ascensore, tacchi nel corridoio .
Ancora il campanello della porta, venne suonato, sempre tre volte.
Sentii che giravi le chiavi nella serratura.
Ancora tacchi, questa volta nel corridoio del nostro appartamento .
Una donna di sicuro.
Dal rumore delle scarpe erano tacchi alti, non ci potevo credere, ero furibonda .
Avrei voluto spezzare tutte le corde che mi tenevano legata a quella sedia e spaccarti la testa contro il muro.
Di sicuro credevi che quella situazione mi sarebbe piaciuta nonostante ti avessi sempre detto che non volevo intrusi nella nostra storia .
Piangevo di furore, frustrazione, tristezza, delusione.
Un miscuglio di ogni sensazione negativa possibile e immaginabile.
Ero anche curiosa di sapere chi mai potesse aver accettato una cosa del genere.
Di sicuro non era nessuno che mi conosceva .
Ma poi una storia del genere, di che genere?
Era ovvio che la mia fantasia aveva già ampliamente scavalcato i cancelli della realtà: ancora non sapevo niente e già mi ero lanciata in elucubrazioni mentali e congetture.
Avrei voluto alzarmi, poter vedere chi fosse l’intrusa, cosa stavate combinando.
Mi sentivo esclusa, messa da parte, abbandonata.
Se mi fossi mossa troppo sarei finita a gambe all’aria legata alla sedia e avrei di sicuro sbattuto la testa sul pavimento, non mi restava che attendere di sapere cosa sarebbe accaduto.
Non avevo alcuna possibilità né di obbiettare né di alzarmi e andare via.
Sentii che veniva chiusa la porta della camera.
Riuscivo ad udire la tua voce ovattata che parlava con la persona che era entrata, ma non comprendevo le parole, ero troppo lontana.
Dapprima sentii sommessamente le chiacchiere , poi la conversazione cominciò ad accompagnarsi a risate di divertimento.
Che gran simpaticone che eri!
Ribollivo di rabbia.
Immaginavo scene di sesso tra te e la donna a cui avevi aperto la porta, vi pensavo in atteggiamenti intimi , ridendo di me, di la da soli, sul divano della sala.
Le tue labbra sulle sue, mentre la baciavi appassionatamente.
Stavamo assieme da così poco e già ti serviva un diversivo, ti avevo già annoiato, ero mestamente giunta già a questa terribile conclusione.
Per me la nostra storia era già terminata, quello che presumevo tu stessi facendo era già più che sufficiente per scatenare in me ogni più terribile pensiero.
All’improvviso sentii la porta della camera aprirsi e il rumore dei tacchi farsi vicino a me.
Un profumo dolce e delicato mi avvolse, un profumo familiare che tuttavia non riuscii subito ad identificare.
Che rabbia mi faceva questa donna, aveva persino un buon odore.
Le avrei piantato le unghie sul viso non appena mi fosse stato possibile.
Non vedevo l’ora di essere libera per scattare come una pantera inferocita.
Una mano delicata e morbida iniziò a sfiorarmi il seno.
Cercavo in tutti i modi di ritrarmi a quel tocco estraneo, non avrei assecondato mai e poi mai quel tuo gioco perverso, soprattutto perché pensavo che voi aveste già portato in scena il vostro spettacolo privato nell’altra stanza.
Avevo la sensazione che foste rimasti da soli per un eternità.
Il tempo sufficiente per farmela sotto il naso.
Sentii la tua voce sussurrare al mio orecchio:
- Stai tranquilla tesoro, non accadrà nulla di spiacevole o nulla che vada contro i nostri principi, fidati di me, dobbiamo solo mostrare una cosina alla mia amica - .
Ti ringhiai qualcosa di incomprensibile attraverso la pallina che avevo in bocca, cominciavo a sbavare vistosamente, come un cane rabbioso.
Fili di saliva mi colavano sul mento.
Chissà perché, però, sentire la tua voce mi rassicurò molto, anche se continuavo ad essere parecchio infuriata e delusa.
Il sospetto che volessi introdurre qualcun altro nella nostra relazione, nei nostri giochi, non voleva smettere di ronzarmi nel cervello, come fa una mosca fastidiosa vicino all’orecchio.
Eppure … c’era qualcosa che non mi tornava.
Quel profumo, quel tocco …
Continua
Ayse

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