GLI OCCHI DEL MELO
Le ruote della bici girano sotto il
caldo di agosto battendo la stradina di campagna.
Il sole picchia impietoso e il giovane uomo
col cappello di paglia pedala allegramente, anche se sudato e affaticato.
Pedala senza meta nella polvere dello
sterrato.
La ragazza nella sua vestina azzurra
s’aggira scalza per la cucina fresca d’ombra, facendo tintinnare i campanellini
della cavigliera che le adorna il collo del piede; i muri crepati, umidi e odorosi d’intonaco
vecchio le fanno da cornice.
Indaffarata rompe uova di gallina appena
raccolte e mescola zucchero e farina in
una terrina.
Danza attorno al tavolo accennando passi
di ballo ispirata dall’allegra musica della radiolina a pile che trasmette
canzonette.
Distrattamente butta l’occhio nel cesto
della frutta: una sola mela. Non potrà mai bastare per la sua torta.
Con le mani lucide di burro e profumate
di vaniglia e cannella, rigira il frutto rosso acceso e lo ammira.
La buccia è lucente e la forma è perfetta,
addenta la mela senza pensarci due volte.
E’ sugosa e dolcissima e un rivolo di
succo zuccherino le cola sul mento.
Se lo asciuga col dorso della mano,
distrattamente, e continua con piccoli morsi voraci a mangiarla.
Si scosta una ciocca di capelli neri dalla
fronte e rimira il torsolo della mela che soppesa con un’ espressione assorta.
Non sarebbe comunque stata sufficiente,
dovrà andare nel frutteto ed arrampicarsi sul ramo del melo per prendere altri
frutti così da poter procedere con la preparazione della torta.
Esce nella canicola senza curarsi di
mettere le scarpe ai piedi, la campagna è la sua casa, non ha di certo remore a
sporcarsi di erba e di terra.
Il caldo rovente del primo pomeriggio la
investe, quasi subito minuscole goccioline di sudore le imperlano la fronte e il
collo, il vestitino dai bottoncini slacciati
le si incolla al petto.
Fischiettando, il ragazzo in bici percorre la strada senza
meta e senza pensieri, lasciando vagare lo sguardo oltre i campi di grano,
verso la remota casa di campagna che si profila all’orizzonte.
La canna da pesca è legata al
portapacchi, inutilizzata.
Non ha avuto voglia d’arrivare fino al
fiume per pescare.
Forse al bar in piazza avrebbe trovato
qualcuno per giocare una partita a carte e bere un bicchier di vino.
Il melo nel frutteto allarga la sua
chioma verde brillante e distende i suoi rami appesantiti e carichi di frutti.
Alcuni sono ancora indietro, altri sono
già pronti per essere colti.
Agilmente la ragazza si arrampica
sull’albero abbracciandolo affettuosamente e appoggiando i piedi ai piccoli
rigonfiamenti nodosi della corteccia. Per un attimo perde la presa e per non
cadere si graffia un ginocchio sul tronco.
Arriva con fatica e ansimante a sedersi
sul ramo più basso e più grosso.
S’asciuga la fronte con un fazzolettino
bianco che tira fuori da un taschina sul petto.
Si sistema più comoda lasciando
penzolare le gambe nell’aria afosa del pomeriggio. L’uomo in bici da lontano
scorge la giovinetta intenta nelle sue
manovre d’arrampicatrice e incuriosito s’appresta ad avvicinarsi di più
spostandosi sul ciglio della strada per non farsi notare.
Non sarebbe affatto simpatico farsi cogliere nell’atto di sbirciare giovani
donne ignare, non foss’altro che per scacciare la noia d’un lento pomeriggio
d’agosto.
La ragazza sta cogliendo le mele più
mature e profumate e le sta mettendo nelle ampie tasche del vestito che con il
peso dei frutti si fa sempre più scollato rivelando il solco tra i piccoli seni
sodi e perfetti.
Ora la può vedere più che bene, ma non è
ancora soddisfatto d’aver colto quella visione.
Getta la bici a terra e quatto quatto
s’avvicina al frutteto camminando rasente al muretto di pietra per non farsi
vedere.
Ormai è vicinissimo, forse a poco più
d’un metro dal melo e riesce a scorgere il baluginio della cavigliera della
ragazza, riesce perfino a vedere lo smalto rosa un po’ sbeccato sulle unghie
dei suoi graziosi piedi sporchi di terra.
Si sente un ladro a rubare quelle
immagini ma non può farne a meno, è incantato e la vergogna per quello che sta
facendo lo fa sentire ancora più eccitato. Sente l’adrenalina scorrergli sotto
pelle e renderlo audace. La sua testa fa capolino da dietro il muretto. I suoi
occhi avidi e indiscreti si concentrano sui particolari. La ragazza con le
tasche piene di mele ha un ginocchio sbucciato, ma non se ne cura. Riesce a
vedere le macchie di azzurro cielo più
scure dove il sudore le inzuppa il vestitino senza maniche. Può vedere persino
il sudore sopra al labbro superiore e godere della forma stupenda di quella
bella bocca semichiusa, intenta a respirare l’afa.
Riesce quasi a sentire l’odore della sua
pelle dorata dal sole.
E’ talmente rapito da quello che vede
che quasi non si rende conto della prepotente erezione che gli gonfia i calzoni
di tela.
Non s’accorge che sta ondeggiando il
bacino quasi a simulare un amplesso con quella strabiliante visione d’azzurro e
di pelle sudata.
Gli muore il cuore in gola quando la ragazza comincia la discesa
dall’albero e un lembo dell’abito le sì’impiglia in un ramo sollevandole la
gonna e mostrando scorci di cosce perfette e
le piene mezze lune del didietro
vestite solo d’un minuscolo paio di mutandine rosa chiaro.
Ha l’impressione che gli si sia acuita
la vista, che abbia acquistato un super potere tanto da rimanere stupito di
riuscire a vedere i minuscoli fiorellini rossi stampati sugli slip che nella
discesa le si sono infilati tra le natiche.
Ora è ben conscio dell’urgenza che gli
pesa tra le gambe e che tira prepotente.
Si strofina l’uccello con una mano
infilata nella tasca dei calzoni. Si spaventa per un attimo quando la vede far
svolazzare lo sguardo nella sua direzione e ritira la testa dietro il muretto,
quasi fosse una tartaruga.
La ragazza ha l’impressione di non
essere sola, si sente osservata ma in giro non vede nessuno, solo qualche
uccellino svogliato e una colonna di formiche che operosamente marciando tra la
terra e i sassi del frutteto. Si tranquillizza, e soddisfatta del suo bottino
decide di rilassarsi un pochino a godersi la frescura dell’ombra del grande
melo, sedendosi a terra con la schiena appoggiata al suo solido tronco.
Leva le mele dalle tascone dell’abito e
le posa in un cestino di vimini.
Il ragazzo ritrova il coraggio di
sporgere la testa per mangiare di nuovo la visione della ragazza , affamato
d’altri scorci di estasi. Intanto dentro di lui continua la lotta tra la
vergogna e la voglia, tra il pudore e la perversione.
La spia ora, mentre lei s’allunga
mollemente con le ginocchia appena dischiuse a mostrare un triangolino di
stoffa rosa tra le gambe mentre rilassata e serena, segue il volo d’un ape che
le ronza pigra intorno alla testa. Fantastica immaginando che l’insetto sia
attratto dal profumo dei capelli della fanciulla che pensandoli profumati di
miele o di mandorle.
La ragazza apre gli occhi all’improvviso,
lui ha timore d’essersi fatto scoprire, sente profonde spine di paura trafiggergli la nuca, le
braccia cominciano a formicolargli e s’immobilizza come fosse di pietra, senza
neppure respirare.
Non vuole che finisca questo momento
magico, davvero non può finire così, con l’umiliazione e la vergogna di farsi scoprire
e senza più la possibilità di godersi quello spettacolo.
Rimane invece a bocca aperta quando la
vede guardarsi intorno con circospezione, alzarsi lentamente e girare intorno all’albero,
nascondersi un poco alla visuale ma non del tutto.
Gli mostra il fianco.
Vede poi che si solleva la vestina e si
cala le mutandine per poi accosciarsi sui talloni. Scorge il ginocchio
sbucciato e l’elastico degli slip che si tende sulle caviglie e non può credere
ai suoi occhi.
Un rivolo si forma tra le gambe di lei e
corre in discesa verso di lui, quasi a volerlo raggiungere, quasi ci fosse
davvero una via di comunicazione tra loro nonostante lei sia ignara della sua
presenza.
L’urina arriva fino al suo nascondiglio
dietro il muretto e lui la guarda stupefatto, facendo danzare gli occhi un po’
sulla ragazza e un po’ su quella magica scia liquida.
Non riesce a contenersi, sente
prepotente l’orgasmo inzuppargli i calzoni e trattiene a stento un lamento
dolente che resta muto e inchiodato,
incatenato dentro il suo petto.
Torna a nascondersi dietro il muretto e
si siede esausto contro la pietra bollente ansimando, sudato e sporco del suo
sperma, pieno di vergogna e di umiliazione, e pieno di immagini eccitanti e
rubate che per parecchie notti affolleranno le sue fantasie.
Ingredienti
700 g di mele succose
2 uova
200 g di zucchero
200 g di farina
100 g di morbido burro
la scorza e il succo di 1 limone profumato
200 ml di latte
1 bustina di lievito in polvere
Cannella in polvere ( un cucchiaino)
1 pizzico di sale
1 bacca di vaniglia
Preparazione
Sbucciate dolcemente le mele, levate il torsolo con l’apposito
attrezzo avendo cura di non ferire il frutto , tagliatele in quattro parti e
riducetele a fettine quindi mettetele
amorevolmente in un contenitore con il
succo del limone così da non far annerire le mele.
Frustate (con l’apposito strumento) le uova con lo zucchero ( precedentemente
miscelati con un cucchiaio di legno). Fate sciogliere il burro e unitelo al
composto così che facciano l’amore.
Unite a mano a mano tutti gli altri ingredienti, la scorza del limone e la cannella , il latte, la bustina di lievito, la bacca di vaniglia profumata, ¼ di cucchiaino di sale (che non guasta mai) e per ultima versate a pioggia ( purtroppo non dorata) la farina e mescolate molto bene.
Unite a mano a mano tutti gli altri ingredienti, la scorza del limone e la cannella , il latte, la bustina di lievito, la bacca di vaniglia profumata, ¼ di cucchiaino di sale (che non guasta mai) e per ultima versate a pioggia ( purtroppo non dorata) la farina e mescolate molto bene.
Otterrete così un composto omogeneo non
troppo liquido al quale andrete a unire le mele precedentemente sgocciolate dal
succo di limone in un’orgia di ingredienti.
Mescolate in modo da sparpagliare
allegramente le mele e subito dopo
imburrate ( sporcandovi pure le mani) e
infarinate una tortiera.
Versateci il composto, spolverizzando la
superficie di zucchero a velo misto a cannella e annusatene a lungo il profumo
cos’ da inebriare i vostri sensi.
Cuocete in forno a 180 gradi per circa
50-60 minuti, poi sfornate la torta di mele.
Servite la torta di mele spolverizzando
di nuovo la superficie con altro zucchero a velo misto a cannella.
Consigliamo di gustarla tiepida accompagnata
da un passito di Pantelleria.
Servite la torta di mele spolverizzando
di nuovo la superficie con altro zucchero a velo misto a cannella.
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